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Case: nuove rendite. Cambia il Catasto

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Pubblicato da Dimensione Casa in News · 11 Novembre 2014
Tags: nuoverenditecatastali

Il rischio è che i Comuni, vedendo aumentare la base imponibile, lascino le aliquote delle imposte sulla casa come sono oggi per rastrellare di più dai contribuenti.

La riforma del Catasto è in dirittura d’arrivo. Ieri il Governo ha approvato il decreto legislativo che ha rimesso in vita le commissioni censuarie. Queste dovranno ora assegnare i nuovi valori catastali alle abitazioni degli italiani. Il tutto secondo un algoritmo che definirà i criteri delle rendite. Lo scopo di riavvicinare il valore degli immobili ai valori di mercato avrà però delle inevitabili ricadute sotto il profilo fiscale: il valore catastale, infatti, è il parametro per il calcolo delle imposte sulla casa. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

Innanzitutto scopo della riforma del Catasto è porre fine a una serie di assurde sperequazioni tra immobili: basti pensare che le attuali rendite catastali risalgono a circa 30 anni fa, e all’epoca (fine anni ’80) erano state determinate sulla base dei criteri fissati nel 1939. Con conseguente scollamento tra la realtà del mercato e quanto, invece, risultava nei pubblici registri immobiliari. Risultato: immobili con identico valore di mercato o locativo presentavano invece rendite catastali (e quindi tasse) diversissime.

Ora, invece, si vuole riscrivere i criteri per il calcolo dei valori. A tal fine, l’ex Agenzia del Territorio (ora in forze all’Agenzia delle Entrate) sta lavorando sull’algoritmo che porterà a definire le nuove rendite e i nuovi valori catastali.

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo di ieri, saranno esecutive a giorni le regole di composizione e funzionamento delle commissioni censuarie. Il testo di legge fissa le regole per le nomine dei loro membri e presidenti.

Tra non oltre quattro mesi tutte le commissioni saranno composte o operative. Il che permetterà di avviare le attività di revisione dei quadri tariffari estimali (dalle tariffe, che saranno a metro quadrato, dipenderanno le rendite e i valori su cui calcolare le tasse) e, soprattutto, di validazione degli algoritmi che definiranno questi valori e rendite unità per unità.

Oltre all’algoritmo – che, come detto, sarà definito dall’Agenzia delle Entrate – il valore degli immobili terrà conto anche di ulteriori valori di “equità”: in base ad ogni “microzona” e per ogni tipologia immobiliare (abitazioni, negozi, eccetera) si dovrà individuare il “valore medio di mercato”. Si terrà poi conto dell’ubicazione dell’immobile, dell’età di costruzione e del grado di finitura.

I tempi, però, non sono immediati: ci vorranno forse cinque anni prima che le commissioni censuarie possano validare il nuovo valore degli immobili (applicando gli algoritmi e gli altri criteri).

Per contestare gli importi attribuiti si potrà agire in autotutela davanti all’Agenzia delle Entrate o presentare un ricorso al giudice tributario. Il Tar, invece, risponderà solo sulle questioni di legittimità.

Nella delega viene assicurata l’invarianza di gettito fiscale: in pratica i Comuni dovrebbero abbassare le aliquote delle imposte sulla casa in modo da non superare il livello di gettito dell’anno precedente. A cambiare però dovrà comunque essere la distribuzione delle imposte che, ovviamente, fermo il gettito finale, graverà in modo diverso tra le abitazioni (alcune, infatti, subiranno una rivalutazione che le porterà a pagare di più; altre invece una svalutazione, con conseguenti decurtazioni delle imposte).

Ma dubitare è lecito. Difficile, infatti, è pensare ai Comuni che si diano pena di operare calcoli matematici complessi pur di assicurare l’invarianza del gettito. Anzi, il forte rischio è proprio quello che gli enti locali, allettati dall’aumento della base imponibile, lascino le cose come stanno pur di rastrellare di più in termini di tasse.




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