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Pignoramento della casa: che succede se non si vende all’asta?

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Pubblicato da Dimensione Casa in News · 22 Luglio 2017
Tags: pignoramentocasaastavendita

Pignoramento immobiliare da parte dell’Agenzia delle Entrate: l’Esattore può chiedere l’assegnazione diretta dell’immobile allo Stato se non si vende al terzo tentativo.

Che il pignoramento della casa da parte del fisco funzioni in modo diverso da quello intrapreso dagli altri creditori è cosa che ben sa chi ha letto la nostra guida su Quando il fisco può pignorare la casa. Tuttavia, al di là dei limiti che incontra l’Agente della riscossione prima di mettere all’asta la casa dei contribuenti, esiste una norma che, al contrario, gli attribuisce un enorme potere e che entra in gioco se la casa non si vende agli esperimenti d’asta. Un potere che non trova parallelo invece per gli altri casi di pignoramento immobiliare ad opera dei soggetti privati (come la banca, i fornitori, ecc.). In buona sostanza, la differenza è questa: quando il pignoramento è avviato da un creditore privato, in caso di mancata vendita del bene ai vari esperimenti indetti dal tribunale, l’immobile – con buona probabilità – torna al debitore e la procedura si chiude; al contrario, nel pignoramento esattoriale, dopo il terzo tentativo andato deserto, l’Agente della riscossione può chiedere, che la casa passi in proprietà allo Stato. La norma a tutela dei crediti erariali funziona come una vera e propria bomba ad orologeria per il debitore, per il quale diventa del tutto indifferente che la casa si venda all’asta o meno. Egli perde comunque l’immobile. Ma procediamo con ordine e vediamo, in caso di pignoramento della casa, che succede se non si vende all’asta.

Casa pignorata: se non si vende all’asta che succede?

Nel caso del pignoramento della casa avviato da un creditore privato esistono due norme che, combinate tra loro, danno una valvola di speranza al debitore, consentendogli la possibilità di ritornare nella piena disponibilità del proprio bene e di vedere chiudere definitivamente al procedura.
La prima è contenuta nelle disposizioni preliminari al codice di procedura civile e prevede la possibilità della chiusura anticipata del pignoramento se non è più possibile ottenere, dalla vendita, un ricavato soddisfacente per i creditori. La norma testualmente dispone così:
«Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo».
La seconda norma, contenuta anch’essa nel codice di procedura, dà al giudice il potere di ridurre la base d’asta della casa pignorata se questa non si vende neanche al terzo esperimento. La disposizione in commento recita testualmente:
«Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il terzo tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà».
Il combinato disposto delle due norme ci fa capire che, dopo il quarto tentativo d’asta, qualora il giudice abbia ridotto della metà la base d’asta, questa verosimilmente sarà divenuta così bassa da consentire al debitore la possibilità di presentare l’istanza per l’estinzione anticipata del pignoramento. È verosimile infatti che il ricavato da successive aste possa non soddisfare le ragioni del creditore.
È bene precisare che si tratta di un potere discrezionale del giudice (sia quello di ridurre la base d’asta della metà dopo la terza asta deserta, sia quello di chiudere la procedura per l’impossibilità di conseguire un ragionevole soddisfacimento per il creditore.

Tuttavia, poiché l’istanza può essere sempre presentata e, in caso di rigetto, non comporta rischi di spese o condanne processuali, conviene sempre provare.

Casa pignorata dal fisco: se non si vende all’asta che succede?

Completamente diversa è la disciplina nel caso di pignoramento da parte dell’Agente della riscossione. In tal caso, infatti, in caso di mancata vendita al terzo incanto, l’Agenzia delle Entrate (che dal 1° luglio 2017 sostituisce Equitalia nelle funzioni di recupero dei crediti erariali) può chiedere l’assegnazione diretta dell’immobile in favore dello Stato. Quest’ultimo, insomma, ha il potere di prendere con la forza l’immobile del contribuente se nessuno lo vuole acquistare all’asta.
La disposizione recita testualmente nel seguente modo (1° comma):
« Se il terzo incanto ha esito negativo, il concessionario, nei dieci giorni successivi, chiede al giudice dell’esecuzione l’assegnazione dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede, depositando nella cancelleria del giudice dell’esecuzione gli atti del procedimento».
Questa facoltà si aggiunge all’ulteriore potere dell’Agente della riscossione di procedere direttamente alla vendita dell’immobile pignorato senza bisogno di un giudice che coordini la procedura, come invece avviene nel pignoramento ad opera di privati. Lo può fare solo attraverso una procedura che si chiama «pubblico incanto» e, peraltro, senza alcuna necessità che intervenga l’autorizzazione di un giudice. L’incanto è tenuto e verbalizzato dall’ufficiale della riscossione, come una sorta di procedimento interno. Insomma, tutto molto diverso da come accade, invece, nelle normali esecuzioni forzate di immobili dove la procedura si svolge innanzi a un Tribunale e a un giudice (detto “giudice dell’esecuzione“).

Un’altra importante differenza che caratterizza il pignoramento immobiliare esattoriale è che qui, a differenza degli altri casi, il valore dell’immobile non viene determinato da una perizia di un consulente nominato dal giudice; la base d’asta a cui viene “battuto” l’immobile è determinata, in caso di fabbricati, in base al valore automatico risultante dai dati catastali. L’obbligo di perizia resta solo in caso di vendita di terreni edificabili.
A questo punto, l’Agente della riscossione effettua la prima asta (o meglio detta «incanto») entro 200 giorni dal pignoramento.
Se con il primo incanto l’immobile pignorato non viene venduto per mancanza di offerenti, si passa al secondo incanto nel giorno fissato dall’avviso di vendita e con un prezzo base inferiore di 1/3 rispetto a quello precedente. Tra il primo e il secondo incanto devono decorrere almeno 20 giorni.
In caso di mancata vendita al secondo incanto, al terzo (anch’esso non prima di 20 giorni) il prezzo base deve scendere di 1/3 rispetto a quello del precedente incanto.
In caso di mancata vendita anche al terzo incanto, l’Agenzia delle Entrate, nei 10 giorni successivi, può chiedere al giudice dell’esecuzione l’assegnazione diretta dell’immobile allo Stato per il prezzo base del terzo incanto. In questo modo la casa pignorata diventa di proprietà dello Stato. Con il risultato che il debitore sarà costretto ad andare via e a lasciare quanto prima l’appartamento, che non è più suo. Si tratta comunque di un potere esercitabile a discrezione dell’agente della riscossione e non è quindi automatico o obbligatorio.
In ogni caso, se il valore del terzo incanto è superiore rispetto al debito maturato dal contribuente, a quest’ultimo sarà dovuto il pagamento della differenza.

La situazione che abbiamo appena illustrato crea una grossa penalizzazione per il debitore, comportando l’assegnazione della casa a valore deprezzato. Difatti è noto che i valori catastali degli immobili non rispecchiano mai il loro effettivo valore di mercato e questo implica che il prezzo di base dell’asta (operata in automatico secondo i dati catastali) parte già ridotto rispetto a quello effettivo del bene. Se poi si sommano i due successivi ribassi di 1/3, lo Stato ha così la possibilità di acquisire un immobile a “buon mercato”.




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