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Se hai dovuto svendere casa puoi sempre rescindere il contratto

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Pubblicato da Dimensione Casa in Blog · 9 Giugno 2014
Tags: svendererescissionecontratto

Possibile ottenere la restituzione di un bene venduto a un prezzo irrisorio per stato di necessità: il bisogno della parte danneggiata va interpretato non nel senso di vera e propria indigenza, ma di semplice difficoltà anche non economica.

Immagina di aver perso il lavoro e, nello stesso tempo, di trovarti a dover affrontare urgenti spese mediche per un problema vitale. Non hai altra strada se non vendere casa e andare in affitto: è l’unico modo per procurarti liquidità, atteso che le banche non ti erogheranno mai un mutuo senza garanzie di un reddito fisso.

Non solo. Se hai anche necessità di contante, sarai costretto a svendere l’immobile, accettando qualsiasi cifra, anche irrisoria, pur di salvare te o un tuo caro dal pericolo imminente di vita.

In questi casi è facile trovare qualcuno che si approfitti della situazione e acquisti il bene a un valore totalmente fuori mercato, rifiutandosi poi di corrisponderti un’integrazione sul prezzo o di restituirti l’immobile. Il discorso, ovviamente, potrebbe replicarsi anche con un’auto, dei gioielli di famiglia, un quadro, dei titoli, ecc.

Bene, in questi casi, il detto “carta canta” non vale e la legge ti consente di recuperare il bene “svenduto”. Si tratta dell’azione di “rescissione” i cui presupposti sono stati, di recente, chiariti da una sentenza della Cassazione.

La rescissione è un modo per chiedere al giudice lo scioglimento dal contratto a “prestazioni corrispettive” (quelli cioè in cui entrambe le parti sono tenuti a un’obbligazione: “faccio questo a condizione che tu faccia quell’altro”).

Il codice civile ha disciplinato due figure di rescissione del contratto.

1. Contratto concluso in stato di pericolo.

Chi, per contratto, assume obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, può ottenere la rescissione del contratto.

Per esempio: Tizio, rimasto ferito in un incidente stradale, s’impegna a pagare una somma eccessiva all’automobilista che lo conduce in ospedale.

Sono quindi necessari i seguenti presupposti:

a. Lo stato di pericolo in cui si trovava uno dei contraenti o un’altra persona (es. un parente): deve trattarsi di un pericolo attuale di un danno grave alla persona;

b. L’iniquità delle condizioni a cui il contraente in pericolo ha dovuto soggiacere per salvarsi dallo stato di pericolo;

c. La conoscenza dello stato di pericolo da parte di colui che ne ha tratto vantaggio.

2. L’azione generale di rescissione per lesione

È il caso dell’esempio posto all’inizio di questo articolo. Se c’è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l’altra ha approfittato  per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto.

Ad esempio: Tizio, trovandosi in difficoltà economiche, svende i propri beni per realizzare denaro, e Caio, consapevole della condizione di bisogno di Tizio, ne approfitta offrendo un prezzo irrisorio.

Lo stato di bisogno

Con la sentenza prima richiamata, la Suprema Corte ha precisato che, nel caso di “rescissione per lesione”  non c’è bisogno che lo stato di bisogno del contraente coincida con un’assoluta indigenza: basta anche una momentanea situazione di difficoltà economica, per carenza di liquidità. In pratica, il soggetto deve trovarsi in una condizione tale da non poter far fronte, nell’immediatezza, al pagamento con mezzi normali (si considerano “mezzi normali” il denaro contante, gli assegni circolari o bancari; non sono mezzi “normali” la svendita dei propri beni).

Insomma, lo stato di bisogno della parte danneggiata va interpretato non nel senso di una vera e propria indigenza, ma anche come difficoltà non economica, purché tale difficoltà comporti un danno anche di carattere patrimoniale.

Attenzione: la rescissione è possibile solo se la sproporzione tra le due prestazioni sia superiore alla metà (il valore della prestazione cui è tenuta la parte danneggiata deve essere di oltre il doppio del valore della controprestazione).

In ultimo è necessario anche che il contraente contro cui si agisce (l’acquirente, tanto per intenderci) abbia approfittato  dello stato di bisogno, ossia ne fosse consapevole, volendone perciò trarne utilità.

Se quest’ultimo volesse evitare la rescissione, e quinti tenere per sé la casa che avete svenduto, potrebbe farlo, ma dovrebbe offrirvi un “supplemento” di prezzo tale da rendere equo il corrispettivo della vendita.

La giurisprudenza interpreta tradizionalmente con estrema ampiezza il concetto di stato di bisogno, ritenendo che esso non coincida necessariamente con l’assoluta indigenza o condizione di povertà e nullatenenza, ma che possa essere rappresentato anche da una semplice, obiettiva difficoltà economica o da una contingente carenza di liquidità o momentanea indisponibilità di denaro, purché sia risultata determinante della volizione negoziale e della disponibilità ad accettare corrispettivi non proporzionati alla propria prestazione.

Quanto alla ricorrenza dell’approfittamento dello stato di bisogno, in giurisprudenza si ritiene che non occorra una particolare attività diretta, in maniera più o meno ingannevole, ad indurre la controparte a stipulare il contratto, in quanto l’approfittamento consiste nella consapevolezza che una parte abbia dello squilibrio tra le prestazioni contrattuali derivante dallo stato di bisogno altrui di cui questi abbia parimenti conoscenza.




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